
I santi, le sante, sono un “ponte” tra l’umano ed il divino, persone che hanno incarnato i valori cristiani tanto da essere proclamati dalla chiesa “santo” (reso sacro).
Negli ultimi decenni, le canonizzazioni hanno visto un’accelerazione notevole, basti pensare che durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II ha fatto 1.345 beati e 482 santi, più che nei quattro secoli precedenti. Anche papa Francesco è nella stessa direzione.
La santità femminile riflette ed esalta valori di una società patriarcale e per alcuni versi maschilista: le donne “sante” sono quelle che si sacrificano al focolare domestico, che dedicano la vita agli altri rinunciando alla propria (soprattutto ai piaceri sessuali), alimentando una visione dicotomica della donna: santa (da venerare) o puttana (da usare o allontanare).
Possiamo, ad esempio, citare s. Gianna Molla che nei primi anni 60 morì perché rifiutò le cure mediche per non nuocere al figlio che avrebbe partorito, oppure Maria Goretti che viene ricordata per aver difeso con la vita la sua “purezza” sessuale.
Le sante donne sono remissive, devote alla famiglia, ai figli, agli ultimi, rinunciano a sé per prendersi cura di…
Oggi, però, possiamo considerare “sacre” tutte le donne, tutte le persone che lottano ogni giorno per affermare la propria identità e diritti al di là del sesso biologico o quello in cui si identificano. Sacre le persone in quanto tali cioè degne di rispetto e stima, di amore solo per il fatto di esistere.