Un cuor solo ed un’anima sola

Alessandra e Renzo sono due ragazzi intorno ai vent’anni. Da qualche mese stanno assieme e sono, sembrano, entrambi felici, a tratti euforici, rispetto a questa relazione e ad un amore coinvolgente, quasi travolgente.

Hanno entrambi modificato il nome utente di Instagram inserendo il nome del partner (Ale + Renzo e Renzo + Ale), come a far sapere al mondo che ora non sono più “due” entità distinte ma una cosa sola, un’anima sola, come se entrambi fossero richiusi, nascosti nello stesso “utero” chiamato relazione affettiva. Vi sono lunghe videochiamate tra loro con momenti in cui non si dicono nulla e fanno altro ma rimangono lì, anche solo a sentire i respiri dell’altro, le canzoni che ascoltano, nel tentativo di una fusione completa, dell’uno con l’altro, dell’uno dentro l’altro, come se questo fosse protettivo per un mondo incerto e complesso, pieno di tentazioni per lei, per lui.

Per alcune persone relazione simbiotica e controllo totale (del cellulare, delle frequentazioni…) sono l’unica strada per calmare l’angoscia di abbandono che percepiscono, la paura di stare soli e senza quell’amore che li fa sentire minimamente importanti, un poco accettabili, forse vivi. Sono appiccicati, indistinti e paradossalmente così distanti…

Stammi vicino!

Luca è un uomo esteticamente molto piacevole di circa 40 anni. Il suo percorso di vita è piuttosto tortuoso, con relazioni sempre poco durature ed attività professionali distanti da loro, come se fosse alla ricerca di un’identità personale professionale che non trova, indeciso di che farsene della sua esistenza.

Convive da pochi anni con Marta ed è in cerca di un lavoro, ma desidera un’attività in smartworking per stare a casa, vicino a lei. Luca sembra davvero impaurito nell’affrontare il mondo esterno e si “rifugia” in un luogo sicuro, accogliente e contenitivo, come può essere il caldo abbraccio di una madre, dove ritrovarsi e sentirsi integro, al sicuro.

È un uomo che si fa “tenere in braccio” da Marta, che è molto più madre che compagna. Sono braccia che lo proteggono dai rischi del mondo e dell’angoscia della solitudine: Luca rappresenta l’anti eroe, un uomo incapace di esploratività, di stare solo, impaurito dai mostri che abitano il “mondo là fuori”. Marta lo tiene con sé, in sé, sentendosi importante e necessaria, nella consapevolezza che ha il controllo totale su Luca. Il loro equilibrio è solido anche se disfunzionale, l’uno è necessario all’altro, sono in una relazione di co-dipendenza che può durare davvero a lungo.

I luoghi dell’anima

Ciascuno ha dei luoghi fisici dove sente vibrare qualcosa dentro, quegli spazi che ai più non dicono nulla ma che hanno il sapore di “casa”: lì dove sentiamo un’energia straordinaria, che nutre e ci fa sentire autentici, luoghi che ci appartengono ed a cui apparteniamo, dove vorresti rimanere per sempre ed essere seppellito, quei luoghi che ti chiamano e che chiedono di esserci, pena una tristezza a cui non sai dare un senso.

Ecco i miei:

Monte Pelà … a sfregio del nome, è una piccolissima collina che da bambino raggiungevo a piedi partendo da casa, in mezz’oretta di cammino. Pelà significa spoglio perché non vi erano alberi ma solo prato verde in estate, erba profumata e selvatica, che in inverno diventava secca. Lì sono stato bene e lì mi troverete.

Monte Cimone. 1126 metri. Lì entro in contatto con il dolore più profondo che solo la guerra sa esprimere, quella lotta per la sopravvivenza che ha segnato generazioni ed il territorio. Un monte traumatizzato dallo scoppio di una mina, solcato da trincee dove provare a sopravvivere. Come i nostri corpi, solcati da cicatrici dell’anima e traumi che hanno cambiato per sempre ciò che eravamo.

Stare in silenzio lì, ed ascoltare quella triste gioia che emerge dal più profondo mi fa sentire in profonda coesione ed in pace con le mie battaglie.

… Quali sono i tuoi?

Le “mie” canzoni

La musica fa vibrare l’anima, ci accompagna in una dimensione in cui spazio e tempo assumono un differente significato, luoghi del nostro cuore dove è possibile riassaporare e rivivere situazioni per lo più piacevoli e talvolta dolorose che hanno lasciato un solco che come una traccia dei vecchi vinili possiamo riascoltare, rivivere.

Ci sono canzoni, musiche che sentiamo appartenerci e raccontano molto di noi. Eccone alcune:

Non abbiam bisogno di parole (Ron) … “seguirò il tuo volo senza interferire mai. Non abbiam bisogno di parole per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore”. Quando ti rendi conto che l’intesa, il sentirsi con e nell’altro va al di là delle parole che, il più delle volte, non servono.

…e di nuovo cambio casa (Ivano Fossati). “cambia l’orizzonte, il tempo, il modo di vedere”. La consapevolezza che la vita è in costante cambiamento ed occorre reinventarsi, percorrere sentieri nuovi, talvolta in salita, spesso oscuri.

Donna Lucrezia (Rondò Veneziano – solo musica). Dedicata alla prima donna laureata al mondo. Guardare alla realtà con un approccio complesso, dove le convinzioni si possono superare. Osare rompere gli schemi e realizzare se stessi.

Quali sono le tue?

Forse sì…

Forse saremmo stati meno infelici in un’altra vita, con la possibilità di compiere scelte differenti, nati e cresciuti in una famiglia diversa, in grado di ascoltare, sintonizzarsi, accogliere e contenere. Se avessimo potuto scegliere il giorno ed il luogo dove nascere, il percorso e le persone accanto.

Forse saremmo stati meno angosciati nello scegliere il terreno di battaglia e quando combatterla, con quali alleati e ben armati.

Forse saremmo meno sperduti se le persone ci abbracciassero, se ci tenessimo di più per mano e talvolta trovassimo il tempo di ascoltare il vento che accarezza l’erba ed il silenzio di una foglia che cade, se le giornate avessero più sorrisi e sguardi teneri.

La vita è ciò che accade mentre viviamo, si nutre di momenti: quelli che hai tra le mani in ogni istante… siamo alla ricerca di un continuo compromesso tra il desiderio di chiudere gli occhi per farci prendere in braccio e le mille cose che ci chiedono di essere fatte.

Non ci rimane che combattere con le risorse che abbiamo, con la paura del futuro e di non farcela, con il bisogno di uscire dalla trincea per fare qualche passo in avanti, giorno dopo giorno ché rimanere accovacciati e tremolanti significa rinunciare ad esistere.

Godimento assoluto

La profonda e veloce accelerazione di benessere che abbiamo vissuto in questi ultimi 60 anni può far pensare che in fondo non ci possa essere un limite al “godimento assoluto” che ricerchiamo. Esperti più o meno competenti ed affidabili ci suggeriscono come diventare ricchi e godere di quei beni (ristoranti, auto, chirurgia plastica ecc.) un tempo appannaggio dei pochi ma che oggi possono, potrebbero diventare realtà. Il denaro sembra essere l’unico mezzo per stare davvero bene e la “cifra” del nostro valore

Vogliamo stare bene, molto bene, e siamo alla ricerca di un benessere che appare sempre sfuggente, che arriverà con un obiettivo da raggiungere o che ci possa essere “donato” da qualcuno.

Ciascuno scende a compromessi tra la vita che ha e quella che vorrebbe, tra la consapevolezza di stare abbastanza bene ed il desiderio di qualcosa di più dal destino, dal partner, da un “successo” che regali ben-essere… tutto questo rischia di creare un nucleo di disagio, quella tristezza di fondo che deriva dall’insoddisfazione perché non si ha ciò che si desidera, non si è ciò che si è sempre sognato.

Eppure molte persone non hanno nulla se non la felicità autentica dell’esistere…

Stiamo sbagliando qualcosa?

Mi amerai?

Sergio è un uomo sulla cinquantina con un divorzio alle spalle ed un’altra relazione importante finita da poco. Le donne che lo attraggano hanno tutte nuclei di sofferenza importanti e con difficoltà che rasentano la patologia psichiatrica.

I due figli nati dal matrimonio, con poco più di vent’anni, cercano una distanza di sicurezza da entrambi i genitori, una lontananza sempre difficile da mantenere per il desiderio di stare vicini ed essere protetti da genitori che non sono in grado di prendersi cura, ma che hanno bisogno di cura.

Sergio è evidentemente un uomo in difficoltà nella dimensione relazionale ed affettiva e la scelta (se di scelta consapevole si può parlare) di una partner problematica è funzionale al nascondere a se stesso le proprie difficoltà. “Ubi maior, minor cessat” avrebbero detto i latini, come se una situazione catastrofica, difficile, servisse a nascondere difficoltà che solo apparentemente sono trascurabili. Prendersi cura, per Sergio, è una patologica soluzione all’incapacità di amare e forse di farsi amare… “Se mi prendo cura di te forse mi amerai” sembra essere l’alleanza di un uomo che non è ancora in grado di uscire da questa modalità affettiva e probabilmente, non ne è neppure consapevole.

Guardare lontano

Per chi ama la montagna le cime non sono ostacoli ma opportunità per guardare oltre, da lassù… e perdersi nell’infinito.

Quel passo dopo passo che cambia continuamente gli orizzonti e le prospettive, come la vita cambia e ti cambia. Giorno dopo giorno.

Ascoltare il respiro, lo sforzo che non sovrasta la mai la bellezza: la gioia oltre la fatica.

Sentirsi autenticamente felici dentro, nella completa solitudine.

Momenti che nutrono e rigenerano, la nostalgia amara e profonda di rimanere lì e non tornare, il desiderio oscuro di morire in quell’instante… pieno e perso nell’infinito, in te, nel senso dell’esistenza…

Incontri ed abbandoni

Io colgo l’amore in ogni mondo, poiché Amore è ciò che vado cercando, eppure non esiste né l’incontrarsi né il separarsi, esiste unicamente il puro accogliersi in uno spazio dinamico. (S. Williams)

Un giorno, in una fresca e limpida mattina d’aprile, sarà tutto così chiaro, arriverà inaspettata e potente la consapevolezza del senso delle cose, e cambierà le poche e fragili certezze, come il vento scompiglia e trascina… sapremo cogliere in un solo istante che non possediamo nulla se non la ricchezza della nostra anima e l’amore che fluisce in noi e da noi.

Un giorno forse ci accorgeremo che le cose, le persone sono più dentro che accanto e noi, che ogni cosa, ogni persona, arriva e se ne va nella libertà totale della nostra vita, di un’esistenza che si esprime nel movimento circolare ed inesorabile dell’essenza.

Un giorno sarà chiaro che niente e nessuno può fermare o convogliare quel vento, ma solo accogliere e decidere di lasciarsi andare aprendo le braccia come ali e lasciandoci trasportare dove la vita ti porta ché in fondo è lì che dobbiamo andare.

La consapevolezza di essere poco più di niente.

Bisogno del dramma

Alessandra ha un fidanzato a cui non permette di salutare, neppure guardare altre ragazze, gli nega di sedersi accanto ad una ragazza nei mezzi pubblici ed ogni giorno gli fa scenate di gelosia anche solo nel dubbio che possa avere un qualche tipo di interesse per un’altra persona.

La loro relazione è un susseguirsi ininterrotto di litigi e riconciliazioni, di scenate epiche e rappacificamenti, con un pathos sempre al massimo, il pensiero ossessivo su lui, su lei, sulla relazione che occupa ogni minuto del loro tempo, ogni energia.

Vi sono donne, uomini che non conosco altro modo per entrare in relazione se non con modalità dai toni altissimi, un desiderio di fusione e controllo totale dell’altro dove l’angoscia di abbandono è l’unica emozione che si riesce a manifestare, una preoccupazione che cancella qualsiasi possibile situazione piacevole, i pensieri, il quotidiano che diventa inferno dove loro ne sono demoni.

… “ora io e te siamo un tutt’uno” e solo l’idea che siamo altro rispetto alla dimensione “noi” è intollerabile, inaccettabile. Una fusione che porta a situazioni paradossali, pensieri ossessivi, paranoie che annullano l’identità personale nel delirio di vivere uno dentro l’altro, che lui, lei ci appartenga, che non abbia segreti o una vita propria senza di noi.