
Alcune persone vivono le relazioni con un’inerzia disfunzionale.
Conosciamo tutti la metafora (narrata da Noam Chomsky) della “rana nella pentola” riempita d’acqua che si riscalda piano piano al fuoco mentre l’animale si gode in un primo momento il calore per poi morire perché incapace di uscire da una situazione che diventa pericolosa per la propria esistenza perché l’acqua è bollente.
E così spesso (ri)conosciamo uomini e donne che rimangono in relazioni affettive del tutto tossiche ma che si sono impercettibilmente evolute nel tempo fino a diventare insopportabili ma solo per chi le vede dall’esterno mentre per chi le vive dal di dentro sono “normale ménage familiare e/o relazionale”.
Tali situazioni, relazioni si evolvono piano piano in una determinata ed ineluttabile situazione di dominio-sopraffazione oppure di dipendenza affettiva, oppure ancora di colpa-espiazione o infine di trappole narcisistiche. Difficile uscire da soli da queste “gabbie affettive”, spesso dorate o ritenute “necessarie”, come se il destino riservasse solo tristezza e vite spente, dolore inevitabile.
Guardarsi, osservarsi dall’esterno permette di capire la gravità della situazione in cui siamo e trovare la forza di dire: “basta davvero!”, cercare una mano amica che ci tolga dalla pentola e salvi la vita e tornare finalmente a sorridere.
Da anni faccio volontariato con una sede di telefono Rosa e tocco con mano la difficoltà di sciogliere le catene o meglio di saltare fuori dalla pentola in cui si sono trovate molte donne soprattutto per amore. Quando si accorgono dell’inganno e spesso troppo tardi nonostante i figli e nonostante la loro volontà. Difficile dall’esterno capire. Buona serata
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