
Emma, Matteo ed Eleonora sono tre bambini di nove anni che giocano spesso assieme. Una sera la mamma di Eleonora chiede loro di rimanere per un pigiama party a cui sono presenti anche Max, il fratello più grande di Eleonora e la sua coetanea Sonia, di circa 12 anni.
Ad un certo punto Sonia propone il gioco chiamato “obbligo o verità” e ad Emma viene chiesto di “sottostare” all’obbligo di permettere a Max di toccarle un seno. Questo accade per due volte, nonostante la bambina si lamenti che le fa male e poi la sera stessa riferisca ai propri genitori l’accaduto. Questi ultimi si recano a casa dei genitori di Max ed Eleonora per esprimere il loro disappunto rispetto all’accaduto pretendendo la richiesta di scuse da parte del ragazzino, ma la madre sostiene che Max non deve scusarsi, che in fondo era soltanto un gioco…
… è proprio da qui, da un genitore che difende il figlio perché “non ha fatto nulla di male”, che nasce il sessismo di genere, la mascolinità tossica che poi ritroviamo nei piccoli gesti quotidiani disseminati nella quotidianità delle donne.
È proprio questa modalità, esattamente questi “valori” che ritroviamo in ufficio quando qualcuno “per gioco” tocca il culo alla collega, quando qualcun altro “per gioco” prende in giro la responsabile definendola “culona inchiavabile”, quando il collega ti parla guardandoti le tette e non gli occhi…
Iniziamo da noi, genitori e padri, a dire: no! A dire: non è un gioco… a chiedere scusa, a cambiare la cultura della sopraffazione ed i relativi comportamenti.
Possiamo, dobbiamo farlo!